Sede Fondazione Vajont

   
foto e forum sul sito del Corriere delle Alpi : fondazione Vajont sul Corriere delle Alpi

Il Corriere delle Alpi 19.01.08

Una nuova sede molto prestigiosa
 
 LONGARONE. La Fondazione Vajont avrà una nuova e prestigiosa sede. La nuova struttura, definita «ardita», avrà anche un nome: “...rocciadi gridi”. Tale denominazione prende spunto da una poesia di Giuseppe Ungaretti, “Tutto ho perduto”. I dettagli del progetto saranno presentati a stampa, comitato sopravvissuti e associazione dei superstiti, Provincia e Comune lunedì nel municipio di Longarone. Si tratta di un’opera importante, il cui costo dovrebbe aggirarsi sul milione e mezzo di euro.  Attualmente la Fondazione ha i propri uffici nell’area di Longarone Fiere, nell’ex abitazione del custode. L’ente però ha bisogno di una nuova collocazione, secondo la dirigenza. Così da un’idea maturata nel corso del 2007 si è arrivati al progetto di una sede. Progetto che ha avuto il via libera dal consiglio di amministrazione presieduto dal sindaco di Longarone Pierluigi De Cesero proprio nei giorni scorsi. Nelle intenzioni degli ideatori, la struttura darà un’immagine prestigiosa ai percorsi della memoria che ruotano attorno al Vajont. Sarà un luogo di raccolta di documentazione, studio e ricerca, ma potrebbe avere anche una destinazione museale. Dopo l’approvazione del cda e la presentazione al pubblico dell’idea, la Fondazione avvierà la ricerca delle risorse necessarie per la costruzione della struttura. (e.c.)

 

Il Corriere delle Alpi 22.01.08

Presentati i primi bozzetti di uffici e centro visitatori
Vajont, la memoria sarà un ponte sulla gola
Avrà vista su Longarone e sulla parete della diga Costi? Oltre un milione
 

 BELLUNO. La sede della Fondazione Vajont come un ponte sul torrente Vajont. E’ l’idea del direttore Giovanni De Lorenzi, condivisa dal cda presieduto da Pierluigi De Cesero, sindaco di Longarone. Si chiamerà “Roccia di gridi”, parafrasando Ungaretti. La sala rotante al primo piano avrà feritoie vista diga e vista Longarone. Sarà alimentata anche da una centralina sul torrente.  Il consiglio d’amministrazione ha avallato l’idea pochi giorni fa.  Ieri la presentazione dei primi bozzetti dell’architetto Giorgio Pradella, figlio dell’ingegnere Carlo che progettò il ponte sul Vajont distrutto il 9 ottobre 1963. Per il 45º dalla tragedia, promette De Lorenzi, ci saranno i plastici della nuova sede e un piano per il finanziamento, così nella primavera del 2009 potranno partire i lavori. Secondo le prime stime servirà ben più di un milione di euro.  La proposta ha trovato porte aperte tra i partner in Fondazione. Il progetto piace all’Enel e all’Edison. «Ne siamo stati subito entusiasmati» commenta il rappresentante Enel Paolo Tartaglia. Piace anche alla Regione Veneto, come ha detto ieri il consigliere Dario Bond: «Da evento negativo a fatto positivo, per la conoscenza, la memoria anche e per dare una nuova risorsa al turismo. Si potranno trovare fondi europei. La Regione ci crede fino in fondo. Quest’opera sarà uno dei gioielli della provincia».  Anche i superstiti sono della partita. Il vicepresidente della Fondazione è Renato Migotti, che prospetta un completamento ulteriore dopo la realizzazione della sede: «Diventerebbe logico poi completare la vecchia strada della val Cellina e realizzare una passerella lì dove c’era il ponte di Pradella».  La struttura pensata da Giorgio Pradella è spezzata come le travi delle abitazioni distrutte dalla pressione dell’onda. «Le linee decise e i toni chiari della nuova struttura», illustra la Fondazione, «si ritagliano nettamente sul fondo cupo della valle e diventano segnale di una stagione nuova, ma costruita sulla memoria». Sarà coperta a verde, avrà pannelli solari e una mini-centralina sulla briglia del Vajont.  Alcuni numeri. Circa 1400 metri cubi il volume, sette metri l’altezza e 12 la profondità del parallelepipedo, che per unire le due spalle della valle dovrà essere lungo tra i 18 e i 20 metri. Da una parte c’è il territorio demaniale di Longarone, verso sud, dall’altra Castellavazzo. L’ingresso alla struttura sarà dalla parte di Dogna, frazione longaronese situata all’imboccatura della stretta valle del Vajont.  I fruitori dell’edificio sospeso sul vuoto saranno i ricercatori e i dipendenti della Fondazione Vajont e i visitatori che si recano alla scoperta della tragedia. I primi avranno a disposizione gli uffici al primo piano, con una sala riunioni e delle grandi vetrate vista diga. I visitatori troveranno lì dentro «un momento di conoscenza propedeutico alla visita» sui luoghi della memoria. Al piano inferiore, infatti, è prevista una sala circolare che ruota su se stessa. Una ventina di persone per volta, a turni di 40 minuti, potranno assistere alla proiezione di foto e video (compresi frammenti del film di Martinelli) sui periodi prima, durante e dopo-Vajont. Incontreranno a est la feritoia sulla diga, a ovest la Longarone ricostruita.  «Sarà una struttura in sintonia col contesto», assicura De Cesero, «che darà una nuova immagine alla vallata. Il sito recuperato nel suo complesso in futuro potrebbe arricchirsi con la visita alle gallerie dell’Enel, esempio di archeologia industriale». La sede sul Vajont è «un progetto stimolante», ha aggiunto, «credo troverà il benestare di tutti». Per De Lorenzi «grazie all’approccio asettico sarà l’ideale prima tappa sui luoghi della memoria».

 

Il Gazzettino 22.01.08

Longarone
La memoria del Vajont ... Longarone

La memoria del Vajont rivirà in un museo sospeso sopra l'abisso, a valle della diga, un ponte fra le sponde della forra in cui si gettò l'onda che provocò poco meno di duemila morti il 9 ottobre 1963. Ieri la Fondazione ha presentato un progetto avveniristico, concepito dal direttore Giovanni De Lorenzi e realizzato dall'architetto Giorgio Pradella, che costerà più di un milione di euro e che dovrebbe essere realizzato nella primavera del 2009. Si tratta di una struttura su due piani, alta sette metri, lunga trenta, ancorata alle pareti a un'altezza di venticinque metri, autonoma dal punto di vista energetico grazie all'acqua e al sole, in cui i visitatori potranno sedersi in una sala circolare per un percorso spazio-tempo anche multimediale a 360 gradi. Da un lato, attraverso feritoie, si vedrà la diga, capolavoro d'ingegneria che resse all'urto, dall'altra Lognarone. Sarà la prima tappa del museo diffuso sull'immane tragedia. La costruzione ospiterà anche la sede della Fondazione .

Vi si accederà dal lato sud a partire dalla strada provinciale per Dogna. Nel 2007 i turisti della memoria che da ogni parte sono arrivati sul Vajont sono stati 100 mila.

 

LONGARONE Presentato ieri l’ambizioso progetto per la realizzazione di una sede della Fondazione dove troverà spazio la ricostruzione della tragedia Un museo sospeso nel vuoto per il Vajont Costerà oltre 1 milione di euro e sarà realizzato nella gola ai piedi della diga, ancorato ai fianchi della valle a 25 metri di altezza

Ora è solo un progetto, ma nella primavera 2009 diverrà realtà. Costo: poco più di un milione di euro. E' stato presentato ieri nella sala municipale di Longarone il progetto di "Rocce di gridi", una struttura per la memoria che nascerà nella gola del Vajont , poco prima dell'immissione del torrente nel greto del fiume Piave, e che, oltre a diventare la prima tappa del museo diffuso e dunque luogo di sintesi della tragedia, anche sede istituzionale della Fondazione Vajont .Il progetto si sviluppa da un'idea del direttore Giovanni De Lorenzi elaborata con l'architetto Giorgio Pradella, che ha trovato piena approvazione dal presidente Pierluigi De Cesero e dall'intero consiglio d'amministrazione della Fondazione . Una struttura che consentirà alle migliaia di visitatori dei luoghi della "memoria" (sono stati 100 mila nel 2007) di accedere ad un "momento" di conoscenza di preparazione alla visita stessa. Un luogo di enorme impatto emotivo affidato molto alla tecnologia e quindi alla multimedialità.

La struttura, dell'altezza di sette metri e di lunghezza 20, sarà ancorata ai fianchi della valle ad un'altezza di 25 metri sopra lo scorrere delle acque dopo il salto d'acqua artificiale che precede il piccolo serraglio terminale della valle, e avrà l'effetto di un grande ponte. Sarà strutturata su due piani. Nel primo verrà realizzata una sala proiezione circolare da 20/30 posti a sedere, dove il pubblico sarà accompagnato in un percorso spazio-tempo a 360 gradi in cui, alla proiezione di foto e filmati del prima e dopo Vajont sulle pareti, si intervallano due eventi "speciali": la visione reale tramite due feritoie della diga da un parte, e di Longarone ricostruita dall'altra. Al secondo livello si sviluppano invece gli uffici della Fondazione , che godono di una parete che completamente vetrata, offre una vista panoramica sulla valle del Vajont .

L'accesso alla struttura è previsto lungo il fianco sud della struttura, a partire dalla strada provinciale che dalla statale 251 porta alla frazione di Dogna del Comune di Longarone. L'ingresso alla struttura si presenta come un atrio illuminato dall'alto e dominato da un muro in cemento, sviluppato in doppia altezza di circa sette metri, alla cui base è collocata una fila di piccoli video in cui scorrono continuamente immagini significative scattate nei giorni successivi al 9 ottobre 1963.La struttura si avvarrà di autonomia energetica grazie all'utilizzo del salto d'acqua e alla captazione dei raggi solari su pannelli solari e fotovoltaici posti sul fianco in luce della valle.

Roberto Padrin

 

I COMMENTI De Cesero: «Sarà una pietra miliare per la memoria» De Lorenzi: «Avrà un impatto emozionale forte» Longarone

(r.p.) «Questa struttura rappresenta un'altra pietra miliare per la memoria del Vajont . Sarà la prima tappa del museo diffuso e con questo progetto diamo il via alle iniziative legate al 45. anniversario». Queste le parole di esordio nella conferenza stampa di ieri (nella foto) del presidente della Fondazione Vajont e sindaco di Longarone Pierluigi De Cesero.

«Si tratta di un progetto dall'impatto emozionale non indifferente con questa struttura che appoggerà sui fianchi della valle nei comuni di Longarone e Castellavazzo. Un'opera che, sono convinto, troverà il benestare di tutti e che dimostra la lungimiranza della Fondazione impegnata a guardare al futuro attraverso iniziative concrete». A illustrare l'opera sono stati il direttore della Fondazione , Giovanni De Lorenzi e l'architetto Giorgio Pradella. «La struttura - ha sottolineato De Lorenzi - vuole offrire un approccio asettico al visitatore, che deve affrontare il "pellegrinaggio" libero da ogni condizionamento emotivo dovuto ad informazioni assunte in modo sporadico attraverso letture, passa parola o altro. Abbiamo due mesi di tempo per quantificare costi e fattibilità dal punto di vista tecnico, che non avrà alcun problema, e soprattutto ambientale. Per il 9 ottobre contiamo di presentare il piano finanziario in modo da poter posare la prima pietra nella primavera del 2009». «È un onore per me - ha aggiunto Pradella - poter dar corpo a un'idea che ritengo affascinante e che potrà accogliere migliaia di visitatori». Alla conferenza è intervenuto anche Paolo Tartaglia dell'Enel. «Questa idea ci è piaciuta subito e faremo di tutto per concretizzarla. Dovremo mettere insieme molti altri tasselli, ma tappa dopo tappa, attraverso la Fondazione , la memoria del Vajont sarà rafforzata».

Il vicepresidente della Fondazione Renato Migotti ha aggiunto che «il progetto potrebbe essere completato dalla riapertura della strada che si collega alla val Cellina e alla realizzazione della passerella pedonale nella gola. Si tratta di passaggi successivi, ma molto importanti». A chiudere la serie degli interventi è stato il consigliere regionale e membro del cda, Dario Bond. «In questo progetto la Regione c'è e ci crediamo fino in fondo. Questa struttura può diventare uno dei gioielli della provincia e luogo di grande richiamo per chi vuole conoscere da vicino il Vajont . Ci impegneremo a trovare le risorse».

 

Il Corriere delle Alpi 23.01.08

IL FORUM  Il dibattito è su internet     

 LONGARONE. La nuova sede della Fondazione, sospesa nel vuoto sulla gola del torrente, e l’ipotesi di un’alleanza tra i Comuni per realizzare una centralina idroelettrica. Due progetti che ruotano attorno al Vajont e sui quali la discussione, già accesa a Longarone, ora è aperta anche in Internet, sul sito del Corriere delle Alpi. All’indirizzo web www.corrierealpi.it, infatti, è possibile dire la propria opinione sul progetto della sede della Fondazione Vajont, chiamata «Roccia di gridi», visualizzando i rendering e i bozzetti dell’architetto Giorgio Pradella che mostrano come apparirà la costruzione, ma anche intervenire sul «caso» dell’ipotizzato impianto idroelettrico per utilizzare l’acqua di scarico della diga. Partecipare al dibattito è semplice: basta registrarsi al sito con un’operazione del tutto gratuita e che va fatta una sola volta.

 

IL PROGETTO  «Roccia di gridi», al Comitato superstiti non piace     

 LONGARONE. “Roccia di gridi” non piace al Comitato dei sopravvissuti del Vajont. La sede della Fondazione sospesa all’imbocco della gola del torrente Vajont per il momento è solo un bozzetto, ma basta alla presidente del Comitato Micaela Coletti per capire che «siamo a livelli di esasperazione».
 «Perché invece di preoccuparsi della zona della diga non si fa qualcosa a Longarone?», chiede, «Si poteva scegliere di creare qualcosa di importante in paese, qualsiasi cosa. E’ il paese che è stato distrutto e che poi è stato ricostruito. Non capisco perché si lasci sguarnito da strutture importanti l’unico posto che ha avuto la distruzione totale. Questo sta diventando un problema. Si scelgono sempre siti lontani dal paese. Si parla tanto di dare un futuro a Longarone, ma non lo si dà in questo modo, costruendo così lontana una struttura del genere».
 Secondo Coletti, la Fondazione a Longarone sarebbe stata anche l’occasione per «coinvolgere il paese direttamente». «Mi chiedo chi tragga vantaggio da una sede messa lassù», aggiunge, «Mi sembra che il paese venga sempre tagliato fuori. Questo museo diffuso di cui si parla evidentemente deve tagliare fuori Longarone. Serve invece nel centro un museo aperto, alla portata di tutti, che sia anche punto d’incontro».
 Sulla struttura così come disegnata dall’architetto Giorgio Pradella, poi, il giudizio è negativo. «Sarà perché ho vissuto quella notte, ma mi fa venire i brividi», commenta.
 Il presidente della Fondazione Pierluigi De Cesero ha detto che l’opera potrebbe anche ospitare le associazioni di superstiti e sopravvissuti. «Noi non siamo alla ricerca di una sede», fa sapere Coletti, «il nostro attuale ufficio è importante per noi perché è in una delle case rimaste in piedi quella notte del 1963. Non ha i servizi che ci servirebbero, ma è una questione di legame con la vecchia Longarone. Non ci interesserebbe una sede lassù».
(e.c.)

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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